tecnologia infrarosso

La radiazione infrarossa è la radiazione elettromagnetica con una frequenza inferiore a quella della luce visibile, ma maggiore di quella delle onde radio. La radiazione infrarossa ha una lunghezza d’onda compresa tra 700 nm ed i 300 µm. Viene spesso associata con i concetti di “calore” e “radiazione termica”, poiché ogni oggetto con temperatura superiore allo zero assoluto emette spontaneamente radiazione in questa banda (aumentando la temperatura, il picco si sposta sempre più verso il visibile). I Detector, che siano telecamere o sensori monocanale, si suddividono in categorie diverse a seconda sel materiale di cui sono costituiti e quindi alla regione spettrale a cui sono sensibili. In particolare possono essere elenati come segue:

Sensore  Regione Infrarossa    Banda spettrale (µm) 
Indium Gallium Arsenide (InGaAs) Near infrared      (NIR) 0.9 – 1.7 (2.5)
Indium Antimonide
(InSb)
Mid-wave infrared (MWIR) 3.0 – 5.0
Quantum Well Infrared
Photodetector
Long-wave infrared (LWIR) 8.0 – 9.0
Microbolometer, Amorphous Silicium (Asi),
Vanadium Oxide (VOx)
Long-wave infrared (LWIR) 7.5 – 13.5 (8 – 14)

Attorno ad ognuno di questi sensori vengono costruite delle telecamere o dei sistemi dedicati alle applicazioni di maggiore interesse sul mercato. Di seguito elenchiamo una breve descrizione di queste applicazioni suddivisa per sensori utilizzati.

INDIUM GALLIUM ARSENIDE (INGAAS)

  • STUDIO DI LASER : Grazie ai detector InGaAs è possibile rilevare ed analizzare molte tipologie di laser con emissione nella regione spettrale del vicino infrarosso. Spesso viene studiata la riflessione del laser attraverso un corpo (target) di materiale inerte; in questa situazione risulta determinante minimizzare gli effetti di diffusione dovuti ad agenti atmosferici. Questo è possibile grazie all’appropriato utilizzo di telecamere InGaAs calibrate in fabbrica. E’ molto importante anche la loro capacità di risolvere gli impulsi laser nel tempo, così da permetterne una precisa analisi evolutiva. Sensibilità, precisione e linearità di risposta fanno di questi detector la miglior soluzione tecnologica per lo studio della propagazione di raggi laser.

studio di laser

  • TELECOMUNICAZIONI: vengono utilizzati laser a 1.3 e 1.5 µm per lo studio della propagazione del fascio attraverso fibre ottiche

ingaas esempio 1

  • VISUALIZZAZIONE DI FONTI DI CALORE ATTRAVERSO IL VETRO: le classiche termocamere non riescono ad oltrepassare il “muro” del vetro in quanto quest’ultimo non è trasparente nella banda 7-13 µm

calore attraverso vetro

  • IMAGING DI WAFER DI SILICIO: viene sfruttata la proprietà del Si di essere trasparente alla banda spettrale del vicino IR per poter vedere eventuali difetti di costruzione sottostanti il wafer.
  • DETERMINAZIONE DELLA PRESENZA DI ACQUA: l’acqua assorbe moltissimo a 1.45 µm, creando in questo modo una regione “buia” nell’immagine visualizzata.

ingaas esempio 2

  • IMAGING IPERSPETTRALE: con il simultaneo utilizzo di uno spettrografo che seleziona le opportune lunghezze d’onda, è possibile individuare e visualizzare immagini relative alla sola emissione o riflessione di interesse. Si aprono quindi innumerevoli applicazioni sia nel microscopico (studio di farmaci e molecole) sia nel macroscopico (in astronomia stelle e galassie hanno forte emissione nel vicino IR).

imaging iperspettrale

  • RESTAURO DI BENI CULTURALI:i materiali con i quali sono stati dipinti i quadri hanno una riflessione diversificata nell’infrarosso. Sfruttando tale proprietà è possibile osservare un quadro in maniera “complementare” al visibile, scoprendo quali siano stati gli eventuali ripensamenti dell’artista o eventuali zone predisposte al deterioramento.restauro
  • GAS DETECTION: Diverse molecole emettono nel range di lunghezze d’onda 3-5 µm. Questa proprietà viene sfruttata in maniera particolare in ambito militare, infatti la CO2 scaricata da missili ed aerei permette l’individuazione e lo studio delle traiettorie degli stessi.gas detection

INDIUM ANTIMONIDE (INSB)

  • MARCATURE I/R: sempre in ambito militare e sfruttando i principi sopraccitati risulta di particolare interesse lo studio delle “flares”, cioè di quei finti bersagli che vengono lanciati da aerei e navi per ingannare i missili da cui stanno per essere colpite. La visualizzazione dei gas emessi da questi oggetti ne permette lo studio delle relative traiettorie, al fine di migliorare le manovre eversive.
  • IMAGING AD ALTA SENSIBILITÀ: con differenze di temperature inferiori a 0.02 °C: la caratteristica più peculiare dei sensori Indium Antimonide è la grande sensibilità termica.imaging alta sensibilità
  • APPLICAZIONI MEDICALI:la sensibilità di questi sensori è sfruttata anche in campo medicale, ove possono essere evidenziati i flussi sanguigni attraverso tessuti viventiapplicazioni medicali
  • TEST NON DISTRUTTIVI: Utilizzando una lampada flash allo xenon si applica il calore ad un campione e se ne visualizza la dissipazione attraverso la superficie con l’ausilio di una termocamera sensibile nel range 3 – 5 µm.

MICROBOLOMETER, AMORPHOUS SILICIUM (ASI), VANADIUM OXIDE (VOX) E QUANTUM WELL.

  • SORVEGLIANZA: Spesso risulta difficoltoso tenere sotto controllo una zona riservata al fine di garantirne l’inaccessibilità ad eventuali intrusi, in quanto le zone sono ampie e durante la notte le distanze visive diminuiscono esponenzialmente. Una soluzione a questa problematica viene offerta dall’utilizzo di una rete di telecamere sensibile nella regione spettrale del lontano infrarosso. Un detector di questo tipo è sensibile solo agli oggetti che emettono calore, in questo modo, durante la notte saranno perfettamente riconoscibili corpi “caldi” come uomini o animali.

sorveglianza

  • VULCANOLOGIA: una telecamera sensibile al calore ha molte possibilità di impiego in un campo dove lo studio di ambienti come i vulcani, dove il calore è il fenomeno dominante.
  • DETERMINAZIONE DI CORTOCIRCUITI O MALFUNZIONAMENTI SU COMPONENTI ELETTRONICI.
  • INDIVIDUAZIONE DI FONTI DI CALORE INASPETTATE
  • ANTI INCENDIO: la sensibilità al calore permette una veloce individuazione delle fonti principali dello stesso al fine di porre fine più velocemente ai suoi effetti. Si pensi quali possano essere i vantaggi dell’utilizzo di una camera di queste caratteristiche per i velivoli canader, per i quali sapere quale sia l’origine dell’incendio è determinante per un risparmio di “viaggi” per raccogliere acqua e tempo di spegnimento.
  • SALVATAGGIO: è chiaro come sia più semplice l’individuazione di persone disperse in mare o in ambienti vasti, soprattutto durante la notte.
  • VISIONE ATTRAVERSO LA NEBBIA E LA NEVE: la trasparenza di nebbia e neve al lontano infrarosso permette agli aerei la possibilità di manovra anche in difficili condizioni climatiche.

Infine molte altre applicazioni vengono risolte se le telecamere sono opportunamente calibrate per consentire la MISURA DELLA TEMPERATURA di oggetti a distanza.

  • MANUTENZIONE PREDITTIVA: è un tipo di manutenzione che permette di prevedere il tempo entro il quale si manifesterà un guasto. Producendo le parti deteriorate un maggior attrito e quindi una maggior produzione di calore, la termografia è in grado di evidenziare le zone che più necessitano riparazione.

manutenzione predittiva

  • TERMOGRAFIA EDILE: è tra le metodiche non distruttive maggiormente utilizzate per la diagnostica delle patologie edilizie. Infatti tutti gli edifici sono soggetti a degrado a causa dell’invechiamento dei materiali e della prolungata mancanza di manutenzione.La termografia consente di poter operare all’interno degli edifici senza dover sospendere le normali attività, limitando al minimo i disagi per gli abitanti; permette inoltre di evitare ulteriori traumi a strutture dissestate, limitando il numero dei saggi distruttivi ai punti realmente rappresentativi per la formulazione del quadro disgnostico generale. Esempio applicativo: Roma all’Infrarosso.
  • TERMOGRAFIA DI PCB E COMPONENTI: nel processo produttivo lo studio termografico dei PCB e dei componenti risulta determinante. Le telecamere ad infrarosso sono molto utili ad analizzare le caratteristiche termiche dei circuiti stampati e nell’individuare punti di calore.

termografia pcb

  • TERMOGRAFIA SPETTRALE: questa tecnica sfrutta le caratteristiche spettrali di alcuni materiali o gas per eseguire dei controlli qualità. Per esempio può essere utilizzata durante il processo di costruzione di lampade. Grazie all’uso aggiunto di particolari filtri può essere determinata la distribuzione di temperatura del vetro, oppoure la distribuzione di temperatura del filamento all’interno del bulbo. Questa distribuzione può essere misurata spettralmente a definite bande di assorbimento solo se i materiali interessati sono traspaenti per la termografia

termografia spettrale

  • TERMOGRAFIA AD ELEVATA VELOCITÀ: questo tipo di termografia apre le porte a tutte quelle applicazioni ove sia necessario acquisire una sequenza di immagini con elevata velocità, fino anche al Khz. E’ quindi ideale per quei processi termici che si evolvono molto rapidamente, il tutto non va comunque a scapito della sensibilità, che grazie alle ultime generazioni di Focal Plance array rimane eccellente. Sono inoltre in genere presenti tutti gli accorgimenti hardware e software per la corretta sincronizzazione dell’acquisizione con gli eventi da dover osservare. Tipici esempi applicativi sono il minitoraggio di esplosioni o di propagazione di gas, test di materiali e procedure di riscaldamento o raffreddamento di processi ad elevata dinamica.

termografia elevata velocita

Altre Applicazioni.

OTTIMIZZAZIONE DI PROCESSI E CONTROLLO QUALITÀ INDUSTRIA DELLA PLASTICA
AVIAZIONE

aviazione

INDUSTRIA DELL’ALLUMINIO

industria alluminio

PROCESSI CHIMICI

processi chimici

INDUSTRIA DEL VETRO

industria vetro

AUTOMOTIVE

automotive

FOTOVOLTAICO

fotovoltaico

Microbalance ai cristalli di quarzo

Le microbilance a cristalli di quarzo, come la QCMagic EpsilonPI, si basano sul meccanismo di trasduzione di un quarzo, il quale risiede nella sua capacità piezoelettrica, scoperta dai fratelli Curie nel 1880. E’ un elemento in cui le onde acustiche si propagano in una direzione perpendicolare alla superficie del cristallo. La frequenza di oscillazione è influenzata dallo spessore, dalla densità e dal tipo di taglio del quarzo e dalle proprietà fisiche del mezzo con cui il quarzo è posto in contatto, come ad esempio la densità e la viscosità. Proprio sfruttando questa caratteristica, nel 1959 Saurbrey ha dimostrato che la variazione della frequenza di oscillazione di un quarzo è collegata ad una massa solidamente adesa alla sua superficie dalla relazione:

formula Saurbrey

dove ?f é la variazione di frequenza, ?m è la variazione di massa (per unità di area) adesa alla superficie, n è l’overtone number del quarzo, f0 è la sua frequenza di oscillazione fondamentale e nq e pq sono rispettivamente la densità e la viscosità del quarzo stesso. Per un quarzo di taglio AT, ?f = – 2.26 x10-6 f0 2 ?m

Questa relazione di proporzionalità inversa tra ?f e ?m vale per in fase gassosa e per una massa rigidamente adesa alla superficie del quarzo.
In una fase liquida, il quarzo non è più solo un sensore di massa ma è influenzato anche e soprattutto dai parametri chimico-fisici della soluzione con cui è in contatto; la relazione che lega la sua variazione di frequenza diventa quindi (Nomura et al, 1982):

formula Nomura

dove f0 è la frequenza di oscillazione fondamentale e nq e pq sono la densità e la viscosità del quarzo stesso e n e p sono la densità e la viscosità della soluzione. Per un quarzo di taglio AT, che oscilla ad una frequenza fondamentale di 10MHz, con una faccia esposta ad una soluzione diluita, vicino alla temperatura ambiente, ?.

Vantaggi della tecnica

I vantaggi della tecnica descritta sono essenzialmente la capacità di quantificare la variazione di massa legata alla superficie del quarzo e la possibilità di caratterizzarla dal punto di vista visco-elastico.
Ci sono altre peculiarità che danno complessivamente un’idea dell’efficacia dell’utilizzo della tecnologia QCM:

  • la tecnica è label-free, quindi non necessita della presenza di alcun marcatore per rilevare l’avvenuto riconoscimento tra una specie adesa sulla superficie del quarzo ed una in soluzione o in fase gassosa;
  • la trasduzione del segnale attraverso il quarzo e quindi attraverso un principio piezoelettrico permette di lavorare con soluzioni complesse e spesso otticamente opache;
  • la tecnica è in grado di rivelare “piccoli” cambiamenti all’interfaccia soluzione-superficie del quarzo che possono essere dovuti a variazioni di massa adesa (dell’ordine delle frazioni di nanogrammo), a cambiamenti di viscosità-densità nella soluzione e a cambiamenti viscoelastici nello strato di legame tra soluzione e superficie del quarzo drettamente in real-time e in situ;
  • la tecnica è relativamente semplice da usare e la strumentazione di base per utilizzarla è non troppo costosa.

Sebbene la tecnica non permetta l’equivalente di un “high throughput array” per lo screening di farmaci o biomateriali, può essere utilizzata come “low throughput array”, utile ad esempio in casi in cui si necessiti di uno screening secondario. In questa situazione, la tecnologia QCM è interessante per caratterizzare la massa e le proprietà viscoelastiche di sottili strati biopolimerici che incorporano sistemi biomolecolari, sia durante la loro formazione che una volta formatisi e in condizioni ambientali reali.

Applicazioni

La tecnologia QCM è applicabile allo sviluppo di biosensori per gas e per liquido, allo studio di polimeri e biopolimeri, allo studio e alla caratterizzazione di biomateriali, allo studio e allo sviluppo di nuovi farmaci e, in generale, alla caratterizzazione “di quello che succede” tra uno strato adeso sulla superficie di un quarzo e di una specie con cui viene a contatto.

 

microspia confocale

Teoria

Fonte: Wikipedia, Microscopio Confcale 

“Il microscopio confocale è un microscopio ottico, uno strumento scientifico che si basa su una tecnologia volta ad accrescere sensibilmente la risoluzione spaziale del campione, eliminando gli aloni dovuti alla luce diffusa dai piani fuori fuoco del preparato. Lo strumento opera nel campo convenzionale degli ingrandimenti della normale microscopia ottica, ed è schematicamente costituito da un normale microscopio a trasmissione a cui viene sovrapposto un apparato che si occupa di illuminare e rilevare l’immagine di un campione illuminato con una scansione punto a punto.

microscopio confocale in riflessione

Struttura schematica essenziale di un microscopio confocale in riflessione; per semplicità è stato omesso l’oculare, posizionando il rivelatore nel punto di formazione dell’immagine intermedia.

Esistono diverse tecniche per ottenere questo risultato: a disco rotante (Nipkow disk), Programmable Array Microscopes (PAM), e laser. Quest’ultimo tipo, il più diffuso e denominato CLSM, acronimo di Confocal Laser Scanning Microscope, è un evoluto microscopio a fluorescenza che permette di focalizzare con estrema precisione un laser sul preparato, aumentando notevolmente la risoluzione e la profondità di campo. La sua sorgente luminosa è costituita da uno o più laser, generalmente a semiconduttore, per ogni diversa frequenza di eccitazione richiesta. Il meccanismo di direzione del fascio luminoso viene gestito da sistemi computerizzati.

Le immagini ottenute, sincronizzando col fascio di eccitazione il dispositivo di rivelazione, sono particolarmente definite e spettacolari, e possono permettere di evidenziare con differenti colori le diverse molecole presenti nel preparato, permettendo di apprezzarne la tridimensionalità (esempio particolarmente apprezzabile in campo biologico, utilizzando tecniche di immunofluorescenza, la fotomicrografia a lato con actina in rosso, tubulina del citoscheletro in verde e DNA del nucleo in blu).

Il metodo di formazione dell’immagine in un microscopio confocale differisce da quello di un microscopio composto convenzionale per il fatto che, mentre nel secondo il fascio di illuminazione investe l’intero campione e forma istantaneamente l’immagine sul rivelatore, nel primo la luce proveniente dalla sorgente illumina l’oggetto un solo punto per volta ed è necessaria una scansione per formare l’immagine finale. L’uso di questa tecnica permette di raggiungere risoluzioni assiali molto ridotte. Infatti un’immagine così ottenuta viene comunemente chiamata “sezione ottica”, in riferimento al fatto che è possibile indagare il campione nelle tre dimensioni spaziali con un metodo non invasivo.

Struttura schematica essenziale di un microscopio confocale in riflessione; per semplicità è stato omesso l’oculare, posizionando il rivelatore nel punto di formazione dell’immagine intermedia.

In microscopia confocale lo spot di luce puntiforme è prodotto da un pinhole posto davanti alla sorgente, ossia in sostituzione del diaframma di campo, che risulta così fisso è molto ridotto. La luce viene poi focalizzata dal collettore e dal condensatore (o dall’obiettivo, nel caso di configurazione in luce riflessa) sul campione, per poi essere raccolta dall’obiettivo e dall’eventuale oculare e focalizzata su un secondo pinhole. In corrispondenza di questo è presente anche il rivelatore d’immagine, che produce un segnale proporzionale all’intensità della luce che lo colpisce. Il pinhole di illuminazione e quello di rivelazione appartengono a piani focali coniugati e si dicono dunque confocali, da cui il nome di questa particolare tecnica microscopica.”

MICROSCOPIA CONFOCALE A DOPPIA SCANSIONE

La tecnologia Re-scan Confocal Microscopy (RCM) fornita da Confocal NL costituisce un grande passo in avanti nella possibilità di ogni Istituto di fornirsi di un Microscopio Confocale.

microscopio confocale RCMIl concetto, da intendersi come un’ aggiunta ad un microscopio scientifico già presente nel laboratorio di destinazione, consente di perseguire un solido imaging confocale con caratteristiche superiori in termini di contrasto, risoluzione ed efficienza. Il modulo ottico, connesso semplicemente attraverso un passo C fra la camera ed il microscopio ottico, contiene due unità di scansione per il percorso del fascio laser (differentemente dalla unica unità che caratterizza i Confocali standard).

La prima unità scansiona il fascio di eccitazione attraverso il campione e direziona l’ emissione di fuorescenza attraverso il pinhole, come in ogni tecnica di microscopia confocale di base. Ma a differenza di quest’ ultima il percorso ottico non finisce dietro il pinhole con un detector, ma continua verso la seconda unità di scansione che proietta l’ immagine su di una telecamera. In questo modo si aggiunge un fattore di magnificazione al sistema duplicando la velocità della seconda unità di scansione e si aumenta la risoluzione fino ad un fattore 2, superando di fatto la legge di diffrazione di Abbe senza artifatti software e senza sacrificare il contrasto.

Un ulteriore vantaggio si ha nell’utilizzo di una moderna telecamera sCMOS nella detection, essa infatti ha una efficienza quantica tipicamente doppia rispetto ai classici fotomoltiplicatori, questo si ripercuote in un’ aumento del rapporto segnale rumore di un fattore 4 se paragoniamo quello dell’ RCM a quello dei Microscopi Confocali standard.

radiazione infrarossa

Per definizione, tutta la radiazione elettromagnetica che abbia una lunghezza d’onda di valore superiore a quella del rosso (con maggior precisione superiore ai 700nm) ed inferiore a quella delle micronde (con maggior precisione inferiore ai 14?m) viene indicata come radiazione infrarossa.

Dato che tutti i corpi, sia a temperatura ambiente che molto freddi (come il ghiaccio) emettono radiazione infrarossa, questa è spesso indicata come regione “termica” dello spettro elettromagnetico.

Maggiore è la temperatura di un corpo e maggiore è l’energia radiante spettrale. Gran parte di questa emissione non è utilizzabile dai sistemi di visione in quanto viene assorbita dall’acqua o altri elementi dell’atmosfera. Esistono però molte bande spettrali utilizzabile al fine della detection e sono quelle corrispondenti alle bande IR sopra citate (SWIR, MWIR,LWIR).

Sorgenti di luce a led

Le sorgenti di luce a LED trovano il loro principale utilizzo nel campo della microscopia, macroscopia, sistemi di visione ma anche nel campo dell’endoscopia industriale e medicale e di tutte le applicazioni che richiedono il trasporto della luce attraverso fibre ottiche. Con le sorgenti ad elevata potenza ZETT OPTICS è come lavorare con luce simile a quella diurna. Sono molto più luminose di una sorgente alogena da 150W o 250W. Le sorgenti di luce a LED, inoltre, hanno una più bassa deriva della temperatura di colore.

I vantaggi delle sorgenti LED di luce fredda sono:

  • 70% di consumo in meno di energia rispetto alle sorgenti alogene e minore emissione di CO2
  • capacità di utilizzo con tutte le fibre ottiche più comuni mediante l’uso di adattatori
  • maggior durata: dopo 50.000 ore di utilizzo la luce emessa è almeno al 70% senza alcuna differenza distinguibile di luminosità.
  • maggior sicurezza per l’utente: se per esempio la fibra ottica viene erroneamente rimossa durante il funzionamento, la sorgente si spegne automaticamente.
  • sistema di raffreddamento con ventola ultra silenziosa, livello di potenza acustica 36 dB (A)
  • range di alimentazione 100-240V (tale da essere utilizzabili in tutto il mondo)

Risparmiare energia e denaro con sorgenti di luce LED e preservare l’ambiente

L’esempio seguente mostra il confronto dei costi operativi nell’ ipotesi che le sorgenti di luce fredda vengano utilizzate per un periodo di 200 giorni (per 8 ore al giorno) ed il prezzo medio dell’energia elettrica sia di 28 centesimi per chilowattora:

SORGENTE DI LUCE FREDDA SCONSUMO DI ENERGIA COSTI (€URO)
CLS 6000 70W 39,20
150 W ALOGENA 200W 112 + CAMBIO BULBO
CLS 9000 80W 44,80
250 W ALOGENA/td> 300W 168 + CAMBIO BULBO
la sfera integratrice

Misura di flusso luminoso

Una sfera integratrice (o sfera di Ulbricht) è una delle apparecchiature più utilizzate per la misura di grandezze fotometriche, soprattutto nei laboratori di ricerca; si tratta di una sfera cava con superficie interna perfettamente diffondente che consente la riflessione totale della luce, che può entrare attraverso una piccola fessura.

Le misure vengono effettuate attraverso un fotorivelatore fissato dietro una piccolissima fessura presente sulla superficie della sfera; il rivelatore è schermato con una superficie diffondente al fine di evitare che i raggi luminosi oggetto di misurazione possano incidere direttamente su di essa, falsando così i risultati.

Per come è realizzata la sfera, la fessura attraverso cui passano le radiazioni luminose è a tutti gli effetti un corpo nero, che assorbe totalmente la radiazione incidente, senza rifletterla. Le dimensioni della sfera sono molto diverse, variano dai centimetri ai metri, a seconda delle grandezze fotometriche da misurare.

Il vantaggio che la misura attraverso una sfera integratrice rispetto ad un goniofotometro è la possibilità di misurare la luce proveniente da una sorgente in una singola misura.

I diodi laser

diodi laser sono laser in cui il componente attivo è un semiconduttore simile quelli impiegati nella produzione di LED. La tipologia più pratica e comune di diodo laser è formata da una giunzione p-n alimentata da corrente elettrica iniettata.

Un diodo laser, come molti altri dispositivi elettronici, è composto da materiale semiconduttore drogato presente su uno strato molto sottile sulla superficie di un wafer di cristallo. Il cristallo viene drogato per produrre una regione di semiconduttore di tipo n e una regione di semiconduttore di tipo p, una sopra l’altra, per ottenere una giunzione p-n, cioè un diodo.

diffrattometria x

Un fascio monocromatico di raggi X che attraversa un solido cristallino è deviato dagli atomi che costituiscono il minerale stesso. Ad uno specifico angolo di incidenza, i raggi X sono in fase e producono un fascio secondario intensificato. In questo caso avviene la diffrazione che può essere pensata come una riflessione del fascio di raggi X sul piano degli atomi. Di seguito due immagini rappresentative: Il fascio diffratto si chiama riflessione del primo ordine. La diffrazione si presenta anche quando la differenza della distanza percorsa dai raggi X spostati da due strati di atomi adiacenti uguaglia due lunghezze d’onda. Il fascio risultante si chiama riflessione del secondo ordine.

Riflessioni di ordine maggiore si hanno ogni volta che la differenza di percorso è pari ad un numero multiplo intero della lunghezza d’onda. L’equazione che governa questo fenomeno fisico è l’ equazione di Bragg:

n?= 2dsin?

dove n = numero intero, ?= lunghezza d’onda, d = distanza tra i piani di atomi (Å), ?= angolo di incidenza.

Generalmente il campione si riduce in polvere sottile (1-50 micron) e si posiziona nel diffrattometro. La direzione del fascio raggi X primario rimane costante perché il campione ruota intorno ad un asse normale al fascio primario. I fasci diffratti che arrivano sul detector, solidale ad un goniometro, sono riportati come picchi su di un grafico. Il diffrattometro è disegnato in modo che il braccio del goniometro ed il detector solidale ad esso, ruotino il doppio rispetto alla direzione del campione. In questo modo mentre il campione ruota di un angolo ?, il detector ruota di angolo 2??che è l’angolo letto dal goniometro.

La geometria del diffrattometro è tale che soltanto i grani dei minerali i cui piani di reticolo sono paralleli alla superficie del portacampione potranno contribuire al fascio secondario di riflessione che arriverà al detector. E’ per questa ragione che le particelle della polvere devono essere piccole (assicurare la presenza di un buon numero di grani posizionati appropriatamente). Quando la polvere proviene da un solo minerale, si ha la diffrazione per ogni angolo di incidenza che soddisfi l’equazione di Bragg. Ogni angolo è relativo ad un reticolo cristallino che ha un distanza “d” ben definita e catalogata tra i diversi piani. Ogni campione ha un suo numero particolare di reticolo, quindi la diffrazione produce un’unica serie di riflessioni (i picchi) nel diffrattogramma. Questa caratteristica è dovuta alla posizione di ogni riflessione ad un angolo 2??ed all’intensità di ogni riflessione.

(Schema di diffrattometro: cammino dei raggi X in un diffrattometro. Da: Anode = sorgente di raggi X, Filter = filtro, Divergence Slit = fenditura di divergenza, Sample Holder = portacampione di polveri, Receiving Slit = fenditura di focalizzazione e fenditura di Soller)

Spettroscopia Raman

La spettroscopia Raman è una tecnica spettroscopica basata sull’effetto Raman. Per le sue caratteristiche, è considerata complementare alla spettroscopia infrarossa e rappresenta una tecnica comunemente utilizzata in analisi chimica e in studi sulla struttura dei composti chimici. In questo modo è possibile indagare anche molecole quali N2, inattive all’infrarosso.

grafico spettroscopia raman

Teoria

Nella spettroscopia Raman si utilizza tipicamente una luce laser nel campo visibile, nel vicino infrarosso o nel vicino ultravioletto. In questo modo è possibile eccitare i livelli energetici vibro-rotazionali delle molecole, osservando nel relativo spettro transizioni che sottostanno alla regola di selezione ?J=0, ±2 per vibro-rotori lineari e ?J=0, ±1, ±2 per vibro-rotori simmetrici. Devono essere soddisfatte le regole di Pauli: non tutte le rotazioni saranno permesse dal momento che i bosoni devono mantenere invariato il segno della loro funzione d’onda durante la rotazione e i fermioni devono cambiarla. Affinché si abbia l’eccitazione dei livelli vibrazionali la regola di selezione implica ??=±1.

Nella spettroscopia Raman si utilizza tipicamente una luce laser nel campo visibile, nel vicino infrarosso o nel vicino ultravioletto. In questo modo è possibile eccitare i livelli energetici vibro-rotazionali delle molecole, osservando nel relativo spettro transizioni che sottostanno alla regola di selezione ?J=0, ±2 per vibro-rotori lineari e ?J=0, ±1, ±2 per vibro-rotori simmetrici. Devono essere soddisfatte le regole di Pauli: non tutte le rotazioni saranno permesse dal momento che i bosoni devono mantenere invariato il segno della loro funzione d'onda durante la rotazione e i fermioni devono cambiarla. Affinché si abbia l'eccitazione dei livelli vibrazionali la regola di selezione implica ??=±1.

Diagramma dei differenti livelli energetici implicati nelle transizioni studiate dalla spettroscopia Raman. Notare come la radiazione Stokes possieda minore energia rispetto alla radiazione incidente, mentre quella anti-Stokes ha un maggiore contenuto energetico.

 

La spettroscopia Raman è una spettroscopia di scattering dove si fa incidere sul campione la radiazione elettromagnetica monocromatica iniziale di intensità e frequenza nota e viene misurata la radiazione diffusa tramite rivelatore posto a 90º o 180º rispetto al cammino ottico lungo il campione. La radiazione può essere diffusa in tre modi: Stokes, anti-Stokes e Rayleigh (scattering elastico). La radiazione Stokes possiede energia minore rispetto alla radiazione originaria incidente, visto che una parte di tale energia è utilizzata per promuovere una transizione a un livello superiore. La radiazione anti-Stokes riceve invece un contributo energetico dallo stato eccitato quando passa a un livello inferiore, per cui è caratterizzata da maggiore energia. La radiazione Rayleigh risulta invece da scattering elastico e possiede la stessa energia della radiazione incidente.

La condizione necessaria affinché si verifichi la risonanza con la radiazione elettromagnetica è che la molecola sia anisotropicamente polarizzabile nel caso di transizione rotazionale, ovvero la vibrazione deve implicare una variazione della polarizzabilità nel caso di transizione vibrazionale. La cosiddetta “regola di esclusione” stabilisce che se una molecola possiede un centro di simmetria nessun modo vibrazionale può essere contemporaneamente Raman-attivo e attivo all’infrarosso: ad esempio, nel caso della molecola CO2 le transizioni Raman sono legate allo stretching simmetrico del legame C-O, mentre tale modo, non producendo variazione del momento di dipolo molecolare, non è invece attivo all’infrarosso. Per le altre molecole in generale è necessario ricorrere alla teoria dei gruppi per effettuare tale differenziazione dell’attività dei modi vibrazionali. Per molecole allo stato gassoso, analogamente al caso degli spettri infrarossi, è possibile ottenere uno spettro vibrorotazionale caratterizzato da tre rami spettrali: O (?J=-2), Q (?J=0, non sempre osservabile) ed S (?J=+2).

Microscopia Vibrazionale

Combinando un microscopio ottico con uno spettrometro Raman (o infrarosso) è possibile realizzare la microscopia vibrazionale (“microscopia Raman” o “microscopia infrarosso” rispettivamente). Il principio di funzionamento è semplice: una radiazione laser (o di sincrotrone) viene fatta incidere su una piccola area di campione e la luce diffusa, trasmessa o riflessa viene raccolta dal microscopio e quindi analizzata dallo spettrometro. Questa tecnica, con la quale si può arrivare a sondare aree fino a una dimensione sotto di 1 µm, trova utilizzo in ambito biochimico (ad esempio nello studio del ciclo vitale della cellula), biomedico (come nella differenziazione tra tessuto sano e malato) e farmacologico. Importante è anche il suo utilizzo applicato ai beni monumentali per lo studio dei pigmenti pittorici.

spettroscopia

GLI SPETTROMETRI

Alla base dei sistemi proposti da Biofotonica S.r.l. c’è la tecnologia degli spettometri e cioè della combinazione di spettrografi e telecamere CCD. Lo spettrografo raccoglie il segnale in ingresso e lo scompone in lunghezze d’onda tanto più “risolte” quanto maggiore è la lunghezza focale dello spettrografo stesso, quanto più è stretta la fenditura in ingresso e quanto maggiore è il numero delle linee per millimetro del reticolo utilizzato al suo interno.

FUNZIONAMENTO

Il segnale viene indirizzato dallo spettrografo sul piano focale della CCD. Anche in questo caso la struttura di quest’ultima influenza la risoluzione del segnale (per quantità di pixel e dimensione degli stessi) rilevato. Il quadro tecnico complessivo potrà essere inoltre tale da detectare segnali molto deboli sfruttando al massimo le capacità del costruttore di progettare un sistema raffreddato, con elevata Efficienza Quantica e range dinamico a 16 bit.

PRINCIPALI APPLICAZIONI

Le applicazioni per le quali vengono usate le CCD e gli spettrografi sono davvero molteplici: Raman, fluorescenza, luminescenza, LIBS (Laser Induced Breakdown Spectroscopy), spettroscopia UV-VIS-NIR, spettroscopia di assorbimento, di trasmissione e riflessione, spettroscopia atomica, Fluorescence Resonance Energy Transfer (FRET), Single Molecule Detection (SMD), Imaging multispettrale, imaging iperspettrale e molte altre.

Spettrometri compatti sono spesso utilizzati in controllo di processo, monitoraggio ambientale e dalla Ricerca Scientifica. Tra le nostre proposte ci sono gli spettrometri HRS della Mightez System e i Mini spettometri della OTO Photonics.

In entrambi il disegno ottico è ottimizzato sia per una elevata risoluzione spettrale che per una efficiente raccolta di luce. Stabilità di lunghezza d’onda e di segnale di uno spettrometro sono spesso indici critici per molte applicazioni.

Tutte le componenti ottiche, negli spettrometri HRS, sono montate direttamente su di un unico supporto e senza l’utilizzo di viti. Inoltre il case proprietario contribuisce ad aumentare la stabilità della struttura, che risulta stabile nel tempo anche sotto forti variazioni di temperatura esterna.

Lo spettrometro acquisisce il segnale attraverso un connettore SMA, dato che spesso si preferisce raccogliere la luce attraverso una fibra ottica. E’ comunque anche possibile inviare la luce direttamente attraverso la fenditura d’ingresso, le porte sono infatti intercambiabili fra di loro, e sono disponibili diverse larghezze di ingresso.

Spettrometria_Infrarossa

La spettroscopia infrarossa o spettroscopia IR è una tecnica spettroscopica di assorbimento normalmente utilizzata nel campo della chimica analitica e della caratterizzazione dei materiali, oltre che in chimica fisica per lo studio dei legami chimici.

Quando un fotone infrarosso viene assorbito da una molecola, questa passa dal suo stato vibrazionale fondamentale ad uno stato vibrazionale eccitato. In un tipico spettro infrarosso in ascissa troviamo una scala di frequenze espresse in numero d’onda, ovvero quantità di onde per centimetro, e in ordinata la percentuale di trasmittanza.

Se un materiale è trasparente alla radiazione infrarossa il suo spettro si presenterà come una linea parallela all’asse delle ascisse. Se un materiale non è completamente trasparente si verificheranno degli assorbimenti e quindi delle transizioni tra livelli energetici vibrazionali. In questo secondo caso lo spettro registrato sarà caratterizzato da una serie di picchi di altezza variabile per ciascuna transizione.

Schematicamente un classico spettrofotometro IR è essenzialmente costituito da una sorgente il cui fascio di luce viene convogliato verso il campione ed il riferimento, quest’ultimo costituito solitamente dal liquido in cui tale campione è disciolto. Segue il monocromatore la cui funzione è quella di selezionare una specifica lunghezza d’onda ed un chopper (sistema ottico a forma di semidisco che negli strumenti a doppio raggio è posto anche dopo la sorgente per sdoppiare il raggio di luce) che indirizza alternativamente al rivelatore la radiazione proveniente rispettivamente dal campione e dal riferimento. Il rivelatore è il componente finale che genera un segnale in funzione della concentrazione di analita presente.

Le sorgenti IR comunemente utilizzate sono del tipo a incandescenza e sono rappresentate dai filamenti di Nernst costituiti da ossidi sinterizzati, le globar formate da bacchette di carburo di silicio e che richiedono un raffreddamento esterno.

Dallo spettro infrarosso è possibile trarre utili informazioni per il riconoscimento di una molecola incognita. A tal proposito, al fine di associare un legame a un dato numero d’onda, si utilizzano apposite tavole riportate in bibliografia o librerie elettroniche incluse nel software della strumentazione.

Quella della riflettanza totale attenuata (ATR, dall’inglese attenuated total reflectance) è una tecnica di campionamento della spettroscopia infrarossa che sfrutta la riflessione del raggio che attraversa il campione. In questa tecnica il campione è posto in stretto contatto con un elemento ottico definito elemento di riflessione interna (o cristallo ATR) costituito da un cristallo ad elevato indice di rifrazione. Il raggio IR emesso dalla fonte, prima di giungere al campione, passa dapprima attraverso questo elemento: quando l’angolo di incidenza è maggiore dell’angolo critico avviene il fenomeno noto come riflessione totale. Questo raggio riflesso, arrivando sulla superficie del campione che costituisce l’interfaccia, può penetrare fino a uno spessore di 2 µm del materiale meno rifrangente. In tal modo forma una onda evanescente, che a seguito dell’assorbimento di radiazione da parte del campione risulterà in un raggio attenuato; in questo modo è possibile registrare lo spettro ATR.

Questa tecnica richiede poca o nessuna preparazione del campione. Inoltre, non essendo distruttiva, può essere sfruttata in tutti quei casi che richiedono che il campione resti integro, come nel caso di reperti archeologici, opere d’arte, e in ambito forense. Inoltre è anche possibile seguire le reazioni chimiche durante il loro svolgersi senza perturbare il sistema (non è necessario effettuare prelievi).

tecnologia active vibration isolation

Le vibrazioni ci accompagnano ovunque e, nella maggior parte dei casi, queste vibrazioni sono indesiderabili. Tali disturbi possono essere causati da traffico, motori e macchine utensili, piattaforme petrolifere, o in generale i laboratori e gli apparati sperimentali possono trovarsi in luoghi indesiderati (come zone sismiche).

Nel caso delle moderne tecnologie, ad esempio, in materia di misure ad alta risoluzione o processi di produzione di alta precisione, sono richieste soluzioni efficaci anti-vibrazione per ottenere le massime prestazioni. In tutti questi casi, molti strumenti richiedono un forte isolamento dalle fonti di vibrazioni. Ciò è particolarmente vero per esperimenti o processi in cui le ampiezze tipiche della vibrazione ambientale e le dimensioni di strutture o fabbricati particolari rientrano nello stesso intervallo.

Nonostante tutte le differenze costruttive, l’essenza dei sistemi di isolamento delle vibrazioni è identico. Il sistema di isolamento delle vibrazioni passivo è costituito da una molla e da un ammortizzatore (dash-pot). La molla è dedicata ad attenuare vibrazioni e disturbi, mentre l’ ammortizzatore deve interrompere l’oscillazione che viene amplificata nel sistema. La combinazione della massa e della molla è noto come filtro passabasso meccanico. La risposta meccanica del sistema molla-massa diminuisce significativamente per frequenze superiori alla frequenza di risonanza, e l’ ammortizzatore riduce l’ampiezza della vibrazione in particolare nel range di risonanza.

A causa delle caratteristiche del passabasso, i sistemi antivibrazionali passivi sono progettati con frequenze di risonanza molto basse. Dal momento che le molle pneumatiche sono caratterizzate da una bassa rigidità ed uno smorzamento elevato, la maggior parte dei supporti antivibranti disponibili sono sistemi pneumatici. In genere si raggiungono frequenze di risonanza da 2 a 5 Hz. A causa di risonanza interna, sistemi pneumatici amplificano le vibrazioni da circa 1 a 8 Hz invece di attenuarli.

La soluzione a questo problema è il controllo attivo delle vibrazioni (AVC). I segnali, acquisiti da rilevatori di vibrazioni estremamente sensibili, sono analizzati da circuiti elettronici che guidano attuatori elettro-dinamici, i quali producono istantaneamente una contro-forza per compensare la vibrazione. Il sistema di anti vibrazione attivo non ha risonanza e nessuna amplificazione delle vibrazioni a qualsiasi frequenza.

Accurion GMBH fornisce sofisticati sistemi di riduzione delle vibrazioni basate su metodi di ingegnerizzazione allo stato dell’arte. Continui progressi nello sviluppo dell’ attenuazione attiva delle vibrazioni, e lo stretto contatto con i principali Istituti di Ricerca, garantisce l’integrazione sistematica di tecnologie all’avanguardia. Il know-how ingegneristico che va nella progettazione di questi sistemi è utilizzato anche per l’analisi di problemi di vibrazione e la creazione di soluzioni personalizzate.